18/04/07

La chiesa ortodossa ucraina: origini

Il principe Vladimir a cui si deve la cristianizzazione della Rus'

Le terre e i popoli uniti dal nome “Rus’” conobbero il cristianesimo molto prima del 988, anno in cui il cristianesimo fu accettato dal principe di Kiev Vladimir Sviatoslavic’ (980-1015). C’è una testimonianza, una mezza-leggenda trovata nelle cronache, che uno dei principi russi si fosse battezzato con il suo popolo già nel IX secolo. Esiste anche una ipotesi, che precisamente gli abitanti della Rus’, che si trovavano sotto il potere dei Khazari, furono battezzati indirettamente dagli illuminatori degli slavi, Cirillo e Metodio, durante il loro viaggio nel Principato Azzaro nel 858. Il cammino del cristianesimo fino al cuore stesso del principato di Kiev fu aperto dalla principessa Olga, la vedova del principe Igor. Attorno all’anno 955 si fece battezzare a Costantinopoli. Da qui portò con sé dei preti greci e iniziò a costruire nelle sue terre i templi cristiani. Però il suo figlio Sviatoslav non vedeva la necessità del cristianesimo e onorava i vecchi dei. Così che il merito di fortificare l’ortodossia nella Rus’ si attribuisce al principe Vladimir, uno dei figli di Sviatoslav. Il fatto di accettare il cristianesimo da parte di Vladimir non era privo di interessi politici. L’imperatore bizantino Basilio II (976-1025) che cercava alleati contro il pretendente al trono, generale Barda Foca, aveva chiesto aiuto a Vladimir di Kiev, consentendo di dargli come moglie sua sorella Anna. Senza aver accettato il cristianesimo Vladimir però non si poteva sposare con la principessa, e tale alleanza poteva elevare molto lo status politico dei principi di Kiev. Per loro Bisanzio era quel simbolo di potere, ricchezza e splendore imperiale, come lo era anche per altre nazioni vicine, che stavano costruendo la loro organizzazione statale. La più diffusa versione del battesimo della Rus’ è la seguente. Vladimir sconfisse gli alleati di Foca, i khazari, ma i greci non avevano fretta nel compiere le promesse. Il principe li “sollecitò” prendendo la città di Korsun (Chersones), la quale non senza un pizzico di ironia fu definita da lui come “regalo di nozze” come riscatto per la fidanzata. L’impero poteva consolare la propria vanità soltanto con il fatto che formalmente aveva acquisito un nuovo suddito. Vladimir ricevette un titolo imperiale di terzo grado, il quale lo introduceva automaticamente nel sistema gerarchico dell’impero. Il matrimonio “diplomatico” del principe russo con la principessa bizantina poteva assicurare per molto tempo l’ordine e la pace sulle frontiere settentrionali di Bisanzio, e l’iniziale predominio dei sacerdoti e religiosi greci nella Rus’ dava a Costantinopoli la possibilità di influire sugli imprevedibili “russi” grazie all’autorità della Chiesa. Alla fine dell’estate dell’anno 988 Vladimir radunò tutti gli abitanti di Kiev sulla rive del Dniepr, nelle acque del quale i sacerdoti bizantini battezzarono tutti. Questo avvenimento passò alla storia come il “battesimo della Rus’”, e segnò l’inizio di un lungo processo di fondazione del cristianesimo nelle terre russe. Gli annali russi raccontano semipopolari testimonianze sulla scelta della fede fatta dal principe Vladimir. Queste leggende hanno trasmesso alla loro maniera il quadro reale dell’attività diplomatica della corte principesca di Kiev. I principi di Kiev mantenevano contatti non soltanto con Bisanzio, ma anche con il Principato Azzaro, con Roma, con i paesi di Europa Occidentale, con le nazioni musulmane, con gli slavi del sud. Queste relazioni erano legate alla ricerca del cammino dello sviluppo statale, con la delimitazione di orientamento politico, culturale e spirituale di Kiev. Tra le cause che hanno influito sulla scelta della Rus’ proprio verso Bisanzio come modello per la costruzione dello stato, un ruolo importante giocò anche la grandiosità del rito orientale. Negli annali si narrano le impressioni della delegazione russa a Costantinopoli sulla liturgia ortodossa: i russi non sapevano se erano sulla terra oppure in cielo. La Chiesa Bizantina li impressionò con la bellezza celeste delle chiese, con la grandiosa magnificenza della liturgia. Non molto tempo prima di tutto questo, nell’anno 986, il principe Vladimir aveva parlato con gli ambasciatori dalla Bulgaria (quella attorno al Volga) a proposito dell’islam, e aveva anche parlato con i missionari di Roma, con i predicatori khazari del giudaismo e, in fine, con un “filosofo greco” - missionario ortodosso. Ci basta il semifolcloristico racconto degli annali per constatare che la svolta nella coscienza del principe di Kiev stava maturando già da molto tempo prima del battesimo della Rus’. Dopo il battesimo che Vladimir accettò a Korsun, questo severo capo e guerriero che aveva scelto di condurre il potere su un cammino pieno di crudele lotta, che aveva avuto sei mogli (non contando le concubine), che non proibiva di sacrificare uomini agli idoli, accettò sinceramente l’insegnamento della Chiesa sul peccato e le parole di Cristo sull’amore e sulla misericordia. Il battesimo trasformò Vladimir pienamente. Egli, addirittura, pensò seriamente di annullare la pena di morte per i briganti, “avendo paura di peccare”. Gli stessi gerarchi ecclesiastici riuscirono a malapena a convincere il principe a non fare questo passo, del quale non si era mai sentito parlare fino a quel momento nella storia dell’umanità. Il governo di Vladimir è noto dall’apparizione nella Rus’ della caritas cristiana, che cominciava già dal potere statale: il principe aveva aiutato nelle costruzioni degli ospedali e rifugi, si prendeva cura del nutrimento dei poveri. Anche le costruzioni delle chiese venivano fatte con sostegno del principato, venne fondata la prima scuola e iniziò la preparazione del clero russo. La Chiesa russa venera il principe Vladimir come santo allo stesso modo degli apostoli, comparando le sue azioni a quelle degli apostoli. Con questo vengono fissati non soltanto i suoi meriti nella diffusione del cristianesimo, ma anche la trasformazione spirituale e morale interiore, comparabile con quello che hanno sperimentato gli apostoli. Il principe di Kiev seppe superare i limiti della fede “naturale” popolare e ruppe la tradizione della divinizzazione delle forze della natura e la paura del loro potere, nonché seppe credere in Colui che andò volontariamente alle sofferenze e alla morte per amore e salvezza dell’uomo e del mondo. Seppe insomma credere sinceramente e fortemente e guidò dietro a sé tutto il popolo.

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