29/12/08

26/12/08

Proteste per la crisi

Prima grande manifestazione di massa in Ucraina legata alla crisi: 5000 persone ai sono raccolte nella piazza principale di Kiev. Chiedono aumenti di salario, diminuzioni delle tariffe comunali e il mantenimento delle agevolazioni sociali. I manifestanti chiedono inoltre al governo di impedire alle banche di aumentare i tassi di interesse per i prestiti e, piu´ in generale, di adottare leggi efficaci contro la crisi, che affligge l´Ucraina in modo particolarmente grave.


Migliaia di automobilisti a Kiev hanno usato il suono assordante dei loro clacson come segno di protesta contro la classe politica ucraina, "incompetente e corrotta" a loro dire e "incapace" a fronteggiare la gravissimi crisi finanziaria che sta mettendo in ginocchio la già traballante economia della repubblica ex-sovietica.

La singolare manifestazione è stata organizzata per gran parte attraverso internet. Un movimento di protesta crescente nel Paese, che minaccia per i prossimi mesi nuove e più radicali forme di protesta. Molti ucraini, che nel 2004 sono scesi nella Piazza del Maidan per protestare contro l'allora presidente Kuchma dando così vita alla cosiddetta Rivoluzione arancione, si sentono ora traditi dagli stessi leader che in quel dicembre di quattro anni fa si prodigavano a fare promesse di cambiamento e miglioramento della situazione politico-economica in Ucraina.

L'Ucraina è uno dei paesi maggiormente colpiti dalla crisi mondiale: i prezzi del mercato metallurgico, settore chiave per l'economia dell'ex-Repubblica sovietica, sono crollati e la grivna è ormai in caduta libera rispetto al dollaro, con una svalutazione di oltre il 50% in tre mesi, malgrado una impennata al rialzo la settimana scorsa.

19/12/08

Buon Natale e Felice anno nuovo in ucraino








Il saluto con il quale ucraini si salutano tra di loro durante il periodo natalizio è: “Cristo è nato!” la risposta: “GlorifichiamoLo”Buon Natale in ucraino si dice: “ Z Rizdvom Xrystovym”La vera anima della tradizione ucraina è rappresentata dalla musica e dal canto: durante le feste locali e le riunioni familiari essa si esprime nelle antiche ed intense canzoni dei cumaky, i contadini carrettieri di un tempo. Le Koljadki sono i canti della vigilia del Natale. A colui che li canta, la padrona o il padrone di casa usa sempre regalare un salame o un pane o una moneta; ciascuno a seconda di quel che può








Srozhdestvom Kristovym!






In Ucraina il nostro Babbo Natale corrisponde a S. Nikolas, il Santo che porta i giocattoli ai bambini nella notte di Natale. Nel nord d'Europa S. Nikolas è divenuto Santa Claus ma non ha più l'aspetto del santo e veste i caratteristici panni rossi. In ucraina S. Nikolas viene a volte presentato con l'aspetto originario del santo e a volte anche con quello di Santa Claus secondo l'influenza occidentale
Non esiste la tradizione della Befana.

08/06/08

Il monastero di Pochayiv




Il monastero di Pochayiv, il secondo del paese per grandezza. Si tratta di un luogo spirituale per tutti gli ucraini devoti e, durante le festività religiose, è gremito di pellegrini. La chiesa principale del monastero, la Cattedrale di Uspensky (1711-83), è una maestosa costruzione barocca. Il suo interno, che può accogliere più di 6000 persone, è un esempio mozzafiato dell'iconografia ortodossa: quasi tutte le superfici sono totalmente ricoperte di dipinti raffiguranti santi e patriarchi, realizzati con grande maestria. Si dice che l'icona della Madre di Dio, del 1597, possieda poteri protettivi.
Costruita più di 100 anni prima, la vicina Cattedrale della Santissima Trinità, dalla cupola in oro, è più piccola e più buia, con colonne massicce e volte pesanti situate sotto una cupola che crea una tranquilla atmosfera di profonda spiritualità. A ovest della Cattedrale della Santissima Trinità c'è il campanile, che risale alla metà del XIX secolo, una struttura barocca alta 65 m dal quale è possibile godere di un'ottima vista, e una campana del peso di 11/180 kg. Pochayiv si trova 300 km a ovest di Kiev. Vicino al monastero c'è una piccola stazione, dove arrivano gli autobus provenienti da Kremenets (40 minuti)
Ternopil (2 ore
) e Lviv (6 ore).




Le Fiamme di Zaporoze - Cap.I

Ricordati figliolo che se a Narva dovessi incontrare la morte il mio cuore sanguinerebbe dal dolore, ma se venissi a conoscenza di qualche tua viltà nulla a questo mondo potrebbe mai alleviare il peso della mia delusione. Coraggio Bohdan, m’accorgo di farti paura, ma pensa a quanti ragazzi partiranno insieme a te stanotte.
Su siediti accanto a me e discorriamo -.
Così parlava in una sera d’autunno dell’anno 1700 Nicola Donekiev che era stato uno dei migliori polkovnek ai tempi dell’hetman Doroscenko, rivolgendosi al figlio Bohdan, teso all’idea dell’imminente partenza: - Padre, - disse egli sedendosi - Perché devo battermi per lo zar Pietro?
Sta conducendo il nostro popolo alla rovina. Ci priva del cibo, della terra, del diritto di vivere liberi. Quegli è un demonio, padre, ne sono certo. Tutto ciò che abbiamo conquistato con l’hetman Chmelnitsky i russi ce lo stanno togliendo -.
Bohdan indossava una camicia bianca ornata con ricami rossi e dorati sul collo e sui polsi. Tra le mani stringeva una kuchma con schlik rosso che poco dopo poggiò sul tavolo dinanzi a sé: - Sai bene figliolo.. - riprese Nicola: - Noi non possiamo combattere contro i russi, ma presta fede alle parole del nostro hetman Mazepa. Verrà il giorno in cui scacceremo lo zar Pietro. Lo spirito di Chmelnitsky è ancora vivo e ricorda: i russi potranno privarci di ogni cosa, ma nulla potrà mai cancellare dalle nostre menti e dai nostri cuori la sua immagine, il suo esempio -.
Bohdan prese un boccale di liquore e lentamente lo portò alle labbra. I suoi occhi azzurri, piccoli e profondi, fissavano con rabbia mal repressa il volto anziano del padre: - Perché devo combattere con valore per il mio tiranno? – continuò il giovane asciugandosi la bocca con un fazzoletto: - Non è forse più importante che io salvi me stesso piuttosto che aiutare lo zar a sottomettere altre città?
E poi, questi estoni, questi svedesi, chi li conosce? Perché dovrei ucciderli? Non ci hanno fatto alcun male. Sono così lontani da noi - : - Ovunque combatte il nostro hetman tu lo devi seguire. E se anche gli altri compagni la pensassero come te?
I cosacchi di Zaporoze diverrebbero lo zimbello dell’impero russo. Verremmo considerati dei codardi. I russi già fanno di tutto per privarci della nostra dignità, cerchiamo di conservare almeno il nostro onore.
Devono vedere i russi quanto valiamo, devono vedere quanto sia forte lo spirito di un popolo oppresso. Tu non lotterai per la causa dello zar, figliolo, bensì per l’onore degli zaporozi.
So bene quanto grande sia la tua rabbia, ma di certo non è più grande di quella di noi tutti e dell’ hetman, ma per il momento dobbiamo piegarci alla volontà dello zar - : - Va bene, padre. Ho capito. - disse il giovane con rassegnazione: - Seguirò il mio hetman dappertutto, ciò per l’onore dei cosacchi del Dnepr e che il Signore abbia pietà di me -.
Bohdan si alzò e sospirando riprese la kuchma avviandosi verso la borsa che aveva preparato quella stessa mattina.
In quel momento sulla porta della stanza apparve la madre.
Il suo volto, dai lineamenti ancora femminili ed aggraziati nonostante l’età era debolmente illuminato dal caldo bagliore del fuoco che crepitava nel camino.
La donna si avvicino’ al figlio: - Bohdan… - proruppe. Un leggero tremito del labbro inferiore tradì la sua ansia e il suo timore: - Bohdan… - ripeté con voce rotta dalla commozione, cercando di trattenere le lacrime.
Era ben cosciente del pericolo al quale il figlio andava incontro.
Ricordò quando soleva attendere Nicola ogni volta che questi si recava a combattere al fianco di Doroscenko. Ricordò quando un giorno costui fece ritorno disteso sopra un carro. Il volto coperto da bende insanguinate: - Una scheggia di mitraglia lo ha colpito all’occhio durante una battaglia – le annunciò l’hetman mestamente.
Da allora, ogni volta che ella fissava in volto il suo uomo non poteva celare il timore per Bohdan e ogni volta che fissava la benda nera che copriva il suo occhio destro un profondo turbamento la prendeva; spesso non riusciva a trattenere le lacrime al pensiero che anche suo figlio avrebbe rischiato un giorno di finire allo stesso modo : - Tieni figliolo, questo è per te. Dove andrai ti potrebbe servire – disse porgendogli una tovaglia ricamata che avvolgeva del pane e delle medicine.
Il giovane le mostrò un caldo sorriso; tese le mani e prese in consegna il fagotto riponendolo nella borsa.
Nicola in quel momento si alzò e gli si avvicinò: - Bohdan… - riprese. Gli poggiò una mano sulla spalla e scuotendolo lo strinse a sé: - Non avere paura. Ti ho dato lo stesso nome del grande hetman Chmelnitsky affinché tu possa esserne fiero e degno. Ti ho dato il migliore addestramento che un cosacco possa avere - : - Che Iddio ti protegga - aggiunse la madre segnandosi: - Su, figliolo, adesso muoviti. E’ il momento di partire - concluse il padre mettendosi un berretto di pelliccia e aprendo la porta.
Bohdan indossò un kaptan rosso e una burka. Sistemò la borsa sulla spalla. Uscì seguito dai genitori.
Uno stupendo cavallo nero era legato ad un paletto dinanzi all’abitazione: - Questo è Gracik – proruppe Nicola: - È un buon cavallo. È giovane e forte. È stato addestrato per le battaglie. Abbine cura ché ogni buon cosacco ha sempre premura del suo migliore amico. In battaglia, ricorda, sarà lui che in caso di necessità saprà salvarti la vita. Ciò dipenderà dal rapporto che riuscirai a creare -.
Il giovane ascoltò attentamente le sue parole. Si mosse lentamente verso Gracik.
Ad ogni passo sentiva una sottile coltre di ghiaccio frantumarsi sotto i suoi stivali. Tutto intorno la scena era la stessa. Da altre abitazioni altri ragazzi si preparavano a partire. Nell’imminenza della notte parevano ombre immerse in uno strano silenzio, rotto soltanto dal lontano suono di una bandura che annunciava la partenza dei primi distaccamenti di zaporozi.
Il giovane Donekiev accarezzò il muso del cavallo e diede una rapida occhiata alla sella. Poi, con un agile balzo montò in groppa e affettuosamente gli diede dei colpetti sul collo: - Abbi cura di te - disse Nicola: - Ricorda ciò che ti ho insegnato in questi anni - : - Non dubitare padre; saprò essere ben degno del nome che porto - lo rassicurò Bohdan: - Ricordati figliolo che pregheremo sempre per te -.
Sua madre a quel punto cominciò a piangere.
Il giovane si chinò su di un fianco sino a cingere il collo della donna con un braccio; teneramente la baciò sulla fronte dopo di che disse: - È ora che io parta. Non preoccupatevi per me e che Dio vi benedica tutti -.
Strinse le redini tra le mani; le tirò scuotendole e subito la groppa del cavallo prese a ondeggiare.
Suo padre, agitando il braccio sopra la testa, gli diede un ultimo cenno di saluto, mentre la madre, con le spalle scosse dai singhiozzi del pianto di poco prima, gli balbettò alcune parole confuse.
Donekiev in breve raggiunse la piazza di Baturin unendosi ad altri cosacchi che come lui attendevano di essere inquadrati per la partenza.
Il suono della bandura s’era fatto ora più distinto. Ogni tanto si sentivano dei soldati intonare canzoni che subito si perdevano in frasi prive di armonia e risate sguaiate : - Allora ragazzi - si sentì all’improvviso.
Un ufficiale russo, avvolto in un lungo pastrano verde e con un tricorno sul capo, si piazzò dinanzi alla compagnia.
Dietro di lui, numerosi falò rischiaravano debolmente le pareti delle abitazioni; sullo sfondo la chiesa era invece avvolta nell’oscurità. Solo le cupole dorate riuscivano a catturare un pò di luce assumendo un aspetto maestoso, misto a una sorta di reverenziale mistero.
Accanto ai falò, alcuni soldati russi giocavano a dadi e bevevano, talvolta inveendo contro i cosacchi di Zaporoze: - Cercate d’essere degni della fiducia che lo zar ripone in voi - continuò l’ufficiale: - Vi recherete a Narva per scacciare svedesi ed estoni perché il Baltico deve essere parte dell’impero russo. È per il nostro futuro, è per il vostro futuro - : - Parole ipocrite di gente ipocrita - protestò a mezza voce un cosacco che stava accanto a Bohdan: - Aspettate che al momento giusto ve la faremo pagare -.
Il russo poco dopo se né andò; contemporaneamente i cosacchi ricevettero l’ordine di mettersi in marcia.
Si levò subito un gran rumore di zoccoli e di ruote dei carriaggi.
Bohdan voltò qualche attimo lo sguardo dietro a sé.
Baturin a poco a poco scomparve tra gli alberi. Solo il bagliore dei fuochi nella piazza squarciava l’oscurità di quella notte priva di stelle.
All’improvviso, il cosacco che aveva insultato i russi qualche minuto prima s’accostò a Donekiev: - Ne vuoi un po’ ? - gli chiese porgendogli una bottiglia di liquore: - È del rum importato dall’Inghilterra -.
Bohdan la prese e subito la portò alle labbra.
Chinò lentamente la testa all’indietro finché i capelli non toccarono il collo della burka, mentre la mano che reggeva la bottiglia s’agitava leggermente sotto quello sforzo: - Mi chiamo Taras Bozyk - continuò il cosacco fissando Donekiev con un sorriso.
Bohdan di scatto ritornò in posizione normale; restituì a Bozyk la bottiglia di rum: - Il mio nome è Bohdan Donekiev - disse asciugandosi la bocca con la manica del kaptan.
I due si strinsero la mano mentre la colonna proseguiva silenziosa sotto una leggera nevicata: - Per fortuna non è ancora giunta la neve vera - esclamò Donekiev cercando di creare un dialogo. Guardava in alto le miriadi di piccoli fiocchi che in una fine polvere argentea turbinavano nella notte debolmente rischiarata dalla luce di alcune fiaccole: - Se questa fosse stata la neve vera dubito che saremmo riusciti a partire per Narva in tempo -.
Bohdan osservò Bozyk per qualche attimo. Quel giovane avvolto in un kaptan blu e dal capo scoperto che lasciava risaltare un ciub, tenuto sul lato sinistro da una fascia nera lo incuriosiva non poco.
Taras se ne avvide: - Vengo dalla Zaporoskaja Sic - disse: - Mi ritrovo tra voi poiché ho accompagnato mio padre ad un incontro con l’ hetman a Baturin. Mio padre è un sotnek della Sic -.
All’improvviso un altro cosacco, con dei grossi baffi neri che gli scendevano sino agli angoli della bocca, si fece avanti: - Sentite… - proruppe cercando di attirare la loro attenzione: - Perché non cantiamo per rallegrare un po’ questo noioso viaggio? -.
Donekiev e Bozyk con il volto arrossato dal liquore annuirono.
Il cosacco tirò fuori una bandura da una grossa borsa legata alla sella e subito cominciò a pizzicarne le corde: - Il mio nome è Andrea Scevcenko, ragazzi; sarò lieto di essere vostro compagno -.
In breve i tre cominciarono a intonare una canzone. Solo Andrea mostrava di saper cantare, ma ciò aveva poca importanza per Donekiev e Bozyk. Aveva importanza divertirsi, distrarsi per scacciare la malinconia del viaggio: - Compagni, finalmente qualcuno di noi ha avuto una buona idea - si sentì dalla coda della colonna: - Su, vediamo di rendere il viaggio in qualche modo piacevole. Non vorremo che i russi ci rattristino anche in questi momenti? -.
Alcuni cosacchi presero allora delle trombe mentre altri si misero a suonare bandure e tamburi.
Dalla colonna si levò un allegro canto che ruppe il monotono rumore degli zoccoli nella neve e delle ruote dei carriaggi e di colpo sembrò riportare la foresta a suoni vitali, più usuali in una differente stagione.
Mario Dimitrio Donadio